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IL BIT COIN, LA CRIPTO-MONETA E LA COSTITUZIONE DI UNA S.R.L.

Negli ultimi tempi la notizia di chi cerca di costituire una S.r.l. conferendo il valore di bit-coin all’interno del capitale sociale, scuote la rete, sempre “impressionabile” di fronte ai nuovi strumenti tecnologici offerti dalla telematica.

Il bit-coin è infatti senza dubbio un bene suscettibile di valutazione economica (art. 810 cod. civ.) che, superato positivamente il vaglio della perizia di stima (art. 2465 cod. civ.), può – al pari dei conferimenti in denaro – rappresentarne il capitale, in quanto di valore almeno pari a quello a esso attribuito in fase di determinazione del capitale sociale.

 

 D’altra parte, nessuno scalpore ha mai destato la possibilità concessa dalla legge di conferire, quali elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica (art. 2464 cod. civ.), altri beni immateriali, come marchi, brevetti, il know how o l’avviamento commerciale, un segreto industriale o un’invenzione non ancora brevettata.

 

Così come il conferimento può avere a oggetto prestazioni di servizi (oltre ai crediti), con il duplice limite però di dover escludere prestazioni il cui esito appare difficilmente valutabile (per esempio, prestazioni di non facere) nonché comportamenti non leciti alla luce del diritto comune; sotto tale ultimo profilo, per esempio, non pare valutabile un conferimento del divieto di non concorrenza per il periodo superiore ai cinque anni previsti dalle legge, trattandosi di termine massimo per l’esistenza del vincolo stesso (art. 2596 cod. civ.).

 

Minori problemi, nella fase di conferimento, sussistono per il bit-coin.

 

In quanto – e fintanto che – al bit-coin viene attribuito un valore di scambio dalla comunità in cui circola, esso costituisce un bene suscettibile di valutazione patrimoniale, e, quindi, facilmente “capitalizzabile”.

 

I bit-coin una volta generati, e identificati nelle relative scritture all’interno del circuito ad esso dedicato (Blockchain), vengono infatti scambiati attraverso transazioni con l’uso di procedimenti di crittografia, al fine di determinare una univoca associazione alle cripto-monete scambiate, evitando, al contempo, frodi e contraffazioni. E sono sempre più diffuse, a livello internazionale, le piattaforme informatiche in cui è possibile convertire le cripto-valute in altri beni, ovvero nelle monete propriamente dette, a corso “forzoso” (denaro emesso dalle Banche Centrali), senza escludere la possibilità per tali cripto-valute di essere accettate come mezzo di pagamento da diversi venditori di beni e fornitori di servizi in tutto il mondo.

 

I problemi potrebbero invece nascere durante la vita della società, in conseguenza delle oscillazioni del mercato sul valore dei bit-coin conferiti, e segnatamente in caso di svalutazioni.

 

Al di là delle incertezze sul concreto procedimento di revisione della stima, in merito al quale sussistono contrasti in materia (deliberazione in tal senso dell’organo amministrativo, ovvero a mezzo di pronuncia contenziosa, ovvero a seguito di ulteriore stima affidata a un esperto nominato dal Tribunale), in ogni caso ciò non può che condurre a una riduzione del capitale sociale disposta dall’assemblea della società, assemblea che gli amministratori sono obbligati a convocare sul punto, il tutto salvo il ricorso al Tribunale in sede di volontaria giurisdizione nel caso in cui l’assemblea pur convocata non provveda (in applicazione della norma di cui all’art. 2446 cod. civ., comma 2, da ritenersi di valenza generale per tutti i casi di riduzione “obbligatoria” del capitale).

 

Naturalmente, con riferimento alla disciplina delle S.r.l. semplificate (L. 9 agosto 2013, n. 99), le quali possono essere costituite con capitale anche inferiore ai 10mila euro purché superiore a un euro, l’unico conferimento sarà quelle in denaro, con esclusione di ogni possibile cripto-moneta (art. 2463 cod. civ.).

 

In conclusione, i problemi, più che nel mondo del diritto, appartengono al mondo “economico”: la mancanza di un valore “intrinseco” alla cripto-moneta – a differenze dei metalli preziosi utilizzati come moneta/merce di scambio fin dai tempi antichi – apre il rischio al fallimento di tale strumento di scambio, il quale conserva il suo valore fino a quando ciò gli venga liberamente attribuito dalle persone e dalle aziende sul mercato.

 

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