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Ristorazione: come sarà la ripresa?
Dopo le indicazioni dell'Inail circa i nuovi requisiti necessari per la riapertura dell'attività potrebbe essere utile ripensare e riorganizzare tutto il ciclo di vendita.
Il contenuto del documento tecnico Inail-Istituto superiore di sanità (ISS) con l'obiettivo di fornire al decisore politico elementi di valutazione per permettere la riapertura delle attività e la rimodulazione delle misure di contenimento dal contagio da SARS-CoV-2 nel settore della ristorazione, ha reso evidente che il rispetto delle regole sanitarie, sotto forma di linee guida, metterà in condizione gli operatori del settore di riorganizzare non solo la gestione del locale e degli spazi ma anche le proprie strategie di vendita. Minori spazi corrispondono a minori coperti e quindi minori possibilità di fatturato.
Si rende quindi necessario trovare nuove opportunità di mercato.
Con il D.P.C.M. 26.04.2020, a una parte significativa di operatori del settore è stata consentita la ristorazione con consegna a domicilio, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l'attività di confezionamento che di trasporto, nonché la ristorazione con asporto fermo restando l'obbligo di rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, il divieto di consumare i prodotti all'interno dei locali e il divieto di sostare nelle immediate vicinanze dei locali stessi. Il servizio di food and delivery diventa quindi il modo quasi obbligato per integrare e completare il servizio alla clientela.
Questo tipo di attività è da sempre consentito a chi svolge attività di somministrazione di alimenti e bevande, non prevede un autonomo titolo abilitativo o SCIA nè per effetto della normativa nazionale, nè generalmente per effetto delle singole leggi regionali; inoltre, dal punto di vista della notifica sanitaria ex art. 6 del regolamento EU n. 852 del 2004, non sono richiesti generalmente ulteriori adempimenti, trattandosi di un servizio ricompreso nell'attività di ristorazione già abilitata. “Generalmente” in quanto esistono regolamenti regionali e comunali che in alcuni casi richiedono comunque una pratica SCIA per lo svolgimento di tale attività. Un controllo in merito è quindi d'obbligo per non incorrere in sanzioni.
Vediamo in via preliminare quali sono le principali indicazioni di carattere generale proposte dall'Inail di concerto con l'ISS per la riapertura dei locali con presenza del cliente all'interno, per poi passare alle attività di “asporto e food and delivery”.
Per bar e ristoranti uno dei problemi rilevati è che l'attuale normativa sull'organizzazione dei locali non prevede norme specifiche sul distanziamento, ma indicazioni molto flessibili, fino a uno spazio di superficie per cliente seduto pari a 1,20 metri quadrati, con eventuali specifiche disposizioni regionali.
Analizziamo brevemente le indicazioni di Inail e ISS: andrebbe riconsiderata l'allocazione dei locali, con una rimodulazione dei tavoli e dei posti a sedere, in modo da garantire il distanziamento tra i tavoli non inferiore a 2 metri. Tra i clienti va inoltre assicurata una distanza in grado di evitare la trasmissione del virus, trasmissione che potrebbe avvenire anche in maniera indiretta tramite le stoviglie. I posti a sedere dovranno quindi essere posizionati in maniera da garantire un distanziamento “adeguato” fra i clienti.
In riferimento alla capienza e turnazione del servizio, dovrà essere definito un limite massimo di capienza prestabilito, prevedendo uno spazio che di norma dovrebbe essere non inferiore a 4 metri quadrati per ciascun cliente o in alternativa l'utilizzo di paratie divisorie. Si dovrà prevedere preferibilmente l'accesso su prenotazione e saranno da eliminare le modalità di servizio a buffet. Proibito anche il menù cartaceo tradizionale, fatta eccezione per il menù del giorno stampato su fogli monouso; preferibilmente si dovrà optare per menù scritti su lavagne o consultabili via app e siti.
- I clienti dovranno indossare la mascherina dopo il pasto e in caso di utilizzo di servizi igienici.
- È opportuno privilegiare i pagamenti elettronici e prevedere barriere di separazione nella zona cassa.
- Si dovranno rendere disponibili prodotti igienizzanti per i clienti e il personale in sala per gestire e controllare il rispetto delle regole; in particolare, i servizi dovranno essere igienizzati spesso e si dovrà provvedere ad aerare il locale.
- Particolare attenzione agli impianti di condizionamento in merito al tipo di impianto, alla manutenzione e sanificazione.
- Il personale dovrà essere formato in maniera approfondita e specifica e non solo genericamente informati delle norme di sicurezza.
L'asporto e il delivery food sono trattati in egual modo dal punto di vista fiscale.
L'asporto è sempre esistito: con l'asporto il cliente si reca al ristorante e prende in autonomia il pasto che poi consumerà dove meglio crede.
Il delivery food è il sistema mediante il quale il ristoratore serve l'utenza senza che questa si debba fisicamente recare nella struttura.
Le società che promuovono il delivery si accordano con vari ristoranti, pubblicizzano i menù tramite App sui telefoni cellulari e raccolti gli ordini si occupano poi delle consegne fornendo un servizio. Il cliente, "comodamente" da casa o dall'ufficio, tramite l'App, può ordinare e pagare direttamente dal proprio telefonino il pasto che gli verrà recapitato al proprio domicilio. L'evoluzione del mercato del food delivery a livello internazionale è stato molto rapido e in pochi anni sono aumentate le piattaforme elettroniche che operano nel settore. L'emergenza in corso ha dato un ulteriore spunto a questo tipo di servizio. Il servizio di delivery food può essere gestito anche in autonomia dal singolo bar o ristorante ma una scelta di questo tipo richiederà un'attenta verifica dei costi/benefici.
Esiste poi una ulteriore casistica che esula da quelle appena viste. Potrebbe esserci chi decide di avviare una cucina dove preparare i cibi solo per le consegne online, senza una vera e propria struttura tradizionale. In questo caso l'attività è da collocarsi nella categoria 56.10.2: ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi da asporto.
Le società che promuovono il delivery si accordano con vari ristoranti, pubblicizzano i menù tramite App sui telefoni cellulari e raccolti gli ordini si occupano poi delle consegne fornendo un servizio. Il cliente, "comodamente" da casa o dall'ufficio, tramite l'App, può ordinare e pagare direttamente dal proprio telefonino il pasto che gli verrà recapitato al proprio domicilio. L'evoluzione del mercato del food delivery a livello internazionale è stato molto rapido e in pochi anni sono aumentate le piattaforme elettroniche che operano nel settore. L'emergenza in corso ha dato un ulteriore spunto a questo tipo di servizio. Il servizio di delivery food può essere gestito anche in autonomia dal singolo bar o ristorante ma una scelta di questo tipo richiederà un'attenta verifica dei costi/benefici.
Esiste poi una ulteriore casistica che esula da quelle appena viste. Potrebbe esserci chi decide di avviare una cucina dove preparare i cibi solo per le consegne online, senza una vera e propria struttura tradizionale. In questo caso l'attività è da collocarsi nella categoria 56.10.2: ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi da asporto.
In merito alla cessione di cibi e bevande la cessione va ben distinta dalla somministrazione. La cessione sconta l'aliquota Iva applicabile in dipendenza delle singole tipologie di bene venduto, mentre la somministrazione è assoggetta all'aliquota ridotta del 10%.
Il contratto di somministrazione di alimenti e bevande, a differenza delle cessioni, è inquadrato tra le fattispecie assimilate alle prestazioni di servizi dell'art. 3, c. 2, n. 4) D.P.R. 633/1972, ed è caratterizzato dalla commistione di “prestazioni di dare” e “prestazioni di fare” come indicato nella risoluzione 17.11.2016, n. 103/E: mentre la somministrazione di alimenti e bevande è assoggettata all'aliquota del 10% (n. 121) della tabella A parte III, allegata al D.P.R. 633/1972, la cessione di piatti da asporto sconta l'aliquota applicabile in dipendenza della singola tipologia di bene venduto (R.M. 20.08.98 n. 107). Questa esclusione riguarda anche i servizi di “food delivery” intesi come la consegna a domicilio di piatti già preparati, il cui acquisto è avvenuto via Internet o app (cfr. interpello DRE della Lombardia n. 904-46/2016).
“In allegato le linee di indirizzo per la riapertura delle Attività Economiche, Produttive e Ricreative pubblicate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e dalla Regione Lombardia”.
[Fonte:RatioQuotidiano]